Assessment
L'assessment è una valutazione psicodiagnostica che prevede un approfondito esame del problema lamentato dal paziente nonché di altri aspetti emotivi, relazionali e di salute generale.
Un assessment può essere sia una consulenza a se stante che il primo passo per una terapia.
Obiettivo dell'assessment è quello di spiegare oltre a descrivere il problema.
Dire che "Marco ha il DOC", "Laura soffre di attacchi di panico" o "Sara è timida" è una descrizione non spiega a livello di funzionamento il meccanismo del problema.
Prendiamo Sara, possiamo dire che è timida. Perché? "Perché soffre di ansia sociale" è una descrizione non una spiegazione. Basta continuare a indagare e chiedersi: "Perché soffre di ansia sociale?" e spesso ci verrà detto "perché è timida" oppure "perché non gioca con gli altri ragazzi".
Insomma possiamo continuare questo gioco all'infinito.
- "Marco ha il DOC"
- perché?
- "perché ha ossessioni"
- perché?
- "perché ha il DOC"
Un spiegazione funzionale comprende un'analisi di nessi di causa ed effetto tra:
- Vulnerabilità non specifiche come, ad esempio, il tratto di personalità di nevroticismo o l'emozionalità negativa.
- Fattori di rischio specifici, come ad esempio bullismo per la dismorfofobia, esperienza di malattia per l'ansia per la salute, schemi cognitivi rigidi, ecc.
- Gli eventi critici che hanno portato all'insorgenza del problema (se ci sono).
- I fattori di mantenimento del problema a livello di credenze, emozioni e comportamento.
- La personalità della persona
L'assessment punta a comprendere l'evoluzione del problema e da dove nasce. Quindi potremmo dire che: Sara è timida perché è cresciuta in un ambiente che l'ha fatta sentire spesso giudicata e accettata solo in base ai suoi risultati, inoltre ha una tendenza a livello biologico a provare emozioni in maniera più intensa e a impiegare più tempo per calmarsi. Quando vede altre persone inizia a pensare la stiano giudicando e quindi pone attenzione a: (1) come si pone, diventando più impacciata e percependo di più le sensazioni fisiche associate all'ansia che la spaventano ancora di più e le fanno pensare che gli altri si accorgano che è in ansia (ad es., pensando: "oddio ho caldo, inizierò a sudare e farò una figuraccia") e (2) alle espressioni non verbali degli altri per interpretare quello che pensano e "leggendo" volti neutri come se esprimessero ostilità o emozioni negative. Sara ha quindi imparato a evitare le persone in molte situazioni prevenendo un normale sviluppo di competenze sociali adeguate. Imparando a gestire l'ansia tramite l'evitamento delle situazioni che la provocano, ha prevenuto il normale processo di "abituazione", ovvero il meccanismo per cui le situazioni che provocano ansia diventano poi familiari. Infatti ad oggi ha la credenza che "l'ansia continuerà a salire se non faccio qualcosa". Questa convizione è un altro fattore che la porta a evitare maggiormente le situazioni sociali.
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PERCHé FARE UN ASSESSMENT?
Non penso ai trattamenti psicologici come a un servizio uguale per tutti e di cui tutti hanno bisogno. Credo nei percorsi impostati secondo le più autorevoli linee guida internazionali e dopo uno studio approfondito del caso. Per questo motivo seguo solo persone che hanno prima fatto una valutazione psicologica o una consulenza.
Un bravo medico non inizia a curare i suoi pazienti con una terapia che va bene per tutto senza aver prima chiarito di che cosa hanno bisogno. Prima li visita e, se c'è un problema, fa una diagnosi e propone un trattamento.
I trattamenti psicologici dovrebbero seguire la stessa logica. Se vuoi capirti meglio, hai dei dubbi su cosa potrebbe fare per te la psicologia o per qualsiasi motivo stai pensando di iniziare una psicoterapia, ti consiglio un assessment.
Avendo fatto un assessment è possibile ragionare sulla fattibilità di una psicoterapia. E' come avere una mappa in mano. Permette di sapere che lavoro si va a fare, in che modo e per quanto tempo. Permette di definire degli obiettivi e stimare la durata del trattamento.
COS'È L'ASSESSMENT
L'assessment è formato da 4 parti:
- Primo colloquio
- Questionari
- Refertazione
- Restituzione
1. PRIMO COLLOQUIO
Durante il primo colloquio la persona parla dei suoi problemi, della sua vita e racconta tutto quello che può essere utile a capire quello che sta attraversando e che cosa vorrebbe ottenere da un trattamento psicologico. Qui la guido con alcune domande mirate in un processo detto 'a imbuto'. Questo significa che invece di partire subito seguendo la strada che pare più ovvia seguendo la prima ipotesi, io procedo invece per escludere una per volta tutte le varie ipotesi alternative che potrebbero spiegare quello che viene raccontato. Solo alla fine quando rimane solo una, o un paio di ipotesi plausibili si passa ad approfondirle.
Questo modo di lavorare mi permette una maggiore accuratezza quando in seguito formulo la spiegazione del problema.
2. TEST PSICOMETRICI
Dopo il primo colloquio c'è una fase di compilazione di diversi questionari. Alcuni sono questionari che puntano a fare un quadro generale della persona e della sua personalità. Sono generici e vengono fatti sempre. Altri sono più specifici e vengono scelti apposta dopo quanto emerso in colloquio per mettere a fuoco degli aspetti specifici importanti per quel caso.
Tutti i test che utilizzo hanno alle spalle studi sperimentali di validazione e molti anni di utilizzo sul campo. Sono ritenuti affidabili a livello internazionale e sono strumenti specialistici dello psicologo.
3. REFERTAZIONE
Finita la parte di analisi e raccolta di informazione mi prendo del tempo per analizzare i questionari e confrontare questi dati con quanto emerso in colloquio. Dopo aver ragionato su quanto emerso scrivo un referto di sintesi di cui lascio sempre una copia al paziente.
4. RESTITUZIONE
Nel secondo colloquio, detto di restituzione, condivido col paziente la spiegazione funzionale del funzionamento del problema e della sua personalità. Spiegare funzionalmente significa mettere in relazione situazioni, pensieri, emozioni e comportamenti che hanno fatto nascere il problema in passato e che, adesso, lo mantengono.
Non è sempre possibile spiegare com'é nato un problema. A volte, per esempio, possono essere riconducibili a dei tratti della personalità presenti da sempre. La parte più importante, però, è chiarire i fattori di mantenimento.
I fattori di mantenimento sono quegli stili di pensiero con cui interpretiamo la realtà e quei comportamenti che oramai facciamo d'abitudine che permettono ai problemi non solo di sopravvivere ma, a volte, anche di diventare più grandi e cronici.
Un esempio: dire Luca è timido perché non gioca con gli altri bambini non è una spiegazione è una descrizione. Sarebbe una spiegazione dire che Luca ha degli schemi interpretativi di sé come persona inadeguata e degli altri come persone giudicanti. Questa chiave di lettura nelle situazioni sociali gli provoca dei pensieri automatici negativi (ad es., 'farò brutta figura', 'non sono all'altezza' e 'inizierò a sudare e tutti lo noteranno') che lo portano a reagire con ansia davanti agli altri. Questa ansia sociale a sua volta lo porta a evitare le situazioni temute mantenendo queste paure e prevenendo che lui sviluppi delle adeguate abilità sociali.
Nella fase di restituzione spiego anche come si potrebbe affrontare il problema nel caso la persona voglia iniziare un trattamento. Con questo lavoro alle spalle posso preventivare, all'incirca, quanto durerà il lavoro, su che cosa si andrà a lavorare, in che modo e quali sono degli obiettivi realistici.
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