Bulimia nervosa

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La bulimia nervosa è un disturbo che genera molta sofferenza a chi ne è colpito. È una malattia psicologica che per certi aspetti è simile all’anoressia: in entrambi i casi è centrale la forte paura di ingrassare (quindi l’idea di perfezione) e il controllo. Per entrambi i disturbi inoltre, la forma fisica e il peso corporeo influenzano eccessivamente ed inadeguatamente la valutazione che la persona dà a sé stessa.

Le persone che soffrono di bulimia nervosa cercano disperatamente di controllare la propria alimentazione. A causa delle diete rigide a cui si sottopongono, sperimentano episodi di abbuffate incontrollati a cui rispondono mettendo in atto comportamenti che permettono di “rimediare” al danno fatto. L’obiettivo è espellere dal proprio corpo le calorie ingerite. Il vomito autoindotto e l’uso di lassativi sono esempi più comuni di questo tipo di comportamenti.

Criteri per la diagnosi di Bulimia nervosa

La nuova classificazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5) inserisce la bulimia nervosa nella categoria più ampia dei disturbi della nutrizione e dell’alimentazione. La bulimia è venuta all’attenzione solo negli ultimi quarant’anni circa.

In generale, la bulimia nervosa è un disturbo alimentare in cui sono presenti le seguenti caratteristiche:

  1. La persona deve avere frequenti abbuffate oggettive, cioè deve avere frequenti episodi in cui ingerisce grandi quantità di cibo percependo una sensazione di perdita di controllo.
  2. La persona deve emettere uno o più metodi estremi per controllare il peso. Esempi sono: vomito autoindotto, esercizio fisico estremo, diete estreme o digiuno, uso eccessivo di lassativi o diuretici.
  3. La persona deve sovrastimare l’importanza del suo peso corporeo o della propria forma fisica. Ciò significa che la persona giudica sé stessa soprattutto o esclusivamente, in base alla sua capacità di controllare la propria forma fisica e il proprio peso corporeo.
  4. La persona non deve soffrire nell’attualità di anoressia nervosa cioè non deve essere in una situazione di significativo sottopeso. Infatti chi soffre di bulimia ha un peso corporeo che rientra nel range di normalità.

Il livello di gravità si definisce in base alla frequenza di condotte compensatorie inappropriate alla settimana quindi non dal numero di abbuffate.

Vi sono quattro livelli di gravità:

  • Lieve: una media di 1-3 episodi di condotte compensatorie inappropriate alla settimana.
  • Moderata: una media di 4-7 episodi di condotte compensatorie inappropriate alla settimana.
  • Grave: Una media di 8-13 episodi di condotte compensatorie inappropriate alla settimana.
  • Estrema: una media di 14 o più episodi di condotte compensatorie inappropriate alla settimana.

Quanto è comune la bulimia nervosa?

La prevalenza della bulimia tra le persone di sesso femminile è dell’1-1,5%. La prevalenza è più alta nei giovani adulti, dato che il disturbo ha il suo picco nella tarda adolescenza e nella prima età adulta. Non si hanno informazioni sulla prevalenza della bulimia nei maschi, ma sembrerebbe essere molto meno comune nei maschi rispetto alle femmine, con un rapporto femmina-maschio di circa 10:1.

Sviluppo e decorso

La bulimia nervosa solitamente esordisce durante l’adolescenza e la prima età adulta. Un esordio dopo i quaranta anni di età è raro. Le abbuffate generalmente iniziano a seguito di una dieta restrittiva, ma possono giocare un ruolo determinante anche importanti cambiamenti di vita, eventi stressanti, ecc. Nei casi di bulimia nervosa sembra persistere negli anni un’abitudine alimentare anomala, caratterizzata da digiuni, diete rigide, ecc. 

Il corso della malattia può essere cronico o ad intermittenza, con fasi di assenza di sintomi e fasi di abbuffate e condotte compensatorie. Tuttavia a distanza di molto tempo i sintomi della bulimia sembrano diminuire con o senza trattamento, sebbene il trattamento influisca molto sulla durata e sull’intensità dei sintomi.

È stato evidenziato un rischio di mortalità per suicidio nella bulimia nervosa pari al 2%.

Molte persone con anoressia nervosa sviluppano successivamente bulimia nervosa, in realtà sembrerebbe esserci diverse possibilità di viraggio tra questi due disturbi.

Fattori di rischio

A causare l’insorgenza della bulimia nervosa sembra entrino in gioco diversi fattori e non è possibile identificare una causa responsabile della malattia. Sarebbe più opportuno considerare un insieme di fattori temperamentali, ambientali e genetici/fisiologici.

  • Fattori temperamentali: preoccupazioni relative al peso, bassa autostima, sintomi depressivi, disturbo d’ansia sociale, disturbo iperansioso dell’infanzia sono associati ad un maggior rischio per lo sviluppo di bulimia.
  • Fattori ambientali: si è evidenziato che l’internalizzazione dell’ideale di un corpo magro ma anche abusi fisici e/o sessuali subiti in infanzia aumentino il rischio di sviluppo di bulimia nervosa.
  • Fattori genetici e fisiologici: la trasmissione familiare della bulimia, la vulnerabilità genetica, l’obesità infantile e la precoce maturazione puberale aumentano il rischio di bulimia nervosa.

Caratteristiche del disturbo

Il problema inizia solitamente nella tarda adolescenza con un periodo di dieta ferrea che con il tempo diventa sempre più restrittiva. Con il tempo questa dieta rigida porta inevitabilmente ad episodi di ripetute abbuffate. Alcuni dati evidenziano come in circa un quarto dei casi, la dieta è così estrema che la persona inizialmente sviluppa anoressia nervosa che poi si evolve in bulimia. Le persone che soffrono di bulimia nervosa hanno abitudini alimentari molto caotiche e sono tutte caratterizzate dalla presenza di abbuffate oggettive. L’alimentazione al di fuori delle abbuffate è molto controllata e restrittiva, alcune persone non mangiano praticamente nulla. In tutti i casi le abbuffate avvengono sullo sfondo di tentativi estremi di ridurre l’introito di cibo, ignorando il fatto che è proprio questo meccanismo che dà vita alle abbuffate. Molte persone si inducono il vomito dopo ogni abbuffata con l’obiettivo di liberarsi dal cibo ingerito. Per lo stesso scopo possono essere utilizzati anche diuretici, pillole dimagranti, lassativi ed esercizio fisico che portano non pochi effetti negativi sulla salute della persona.

Le persone che soffrono di bulimia nervosa hanno un comportamento alimentare molto controllato quando sono in pubblico, con la tendenza di mangiare molto poco o per nulla alla presenza di altre persone. A causa delle abbuffate tendono ad avere una considerazione di sé stessi molto negativa, si sentono in colpa, si vergognano e provano disgusto verso sé stessi. Questo scenario porta inevitabilmente ad un ritiro sociale, perdita di interesse ed a umore depresso.

Che cos’è un’abbuffata?

A chi non è successo almeno una volta nella vita di abbuffarsi? Talvolta un’abbuffata è solo un’abbuffata. È un comportamento isolato che anche se succede spesso, per esempio durante un buffet, non lo associamo ad altre difficoltà. Nella bulimia invece le abbuffate si associano ad altre difficoltà creando circoli viziosi che si autoperpetuano e che sono difficili da spezzare. 

È importante innanzitutto specificare cosa si intende con il termine “abbuffata”.

Una crisi bulimica o un episodio di abbuffata bulimica è caratterizzata da due aspetti:

  1. Mangiare in un determinato periodo di tempo (per es., un periodo di due ore) una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.

  2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

Il contesto in cui avviene l’episodio è particolarmente importante tanto da permettere ai professionisti nel settore di valutare se l’assunzione di cibo e da considerare eccessiva. Per esempio, una quantità di cibo che può essere considerata eccessiva durante i giorni feriali può essere considerata normale durante una ricorrenza o una festività. A caratterizzare la crisi bulimica è determinante anche la durata; infatti avviene in un periodo limitato, in genere entro le due ore. Un episodio di abbuffata non deve necessariamente avvenire in un unico contesto, infatti una persona può cominciare ad abbuffarsi in ristorante e continuare una volta rientrato a casa. Non può essere considerato un’abbuffata il continuo spiluccare piccole quantità di cibo nell’arco della giornata.

Per quanto riguarda la perdita di controllo, alcuni individui riportano un senso di estraneamento durante o a seguito di un’abbuffata, come se non governassero il proprio corpo. La difficoltà del controllo associata alle abbuffate però non è assoluta; per esempio un individuo può continuare ad abbuffarsi mentre il telefono squilla ma interrompere bruscamente se qualcuno entra inaspettatamente nella stanza. In molti casi le abbuffate vengono pianificate. Le persone progettano quando farla e cosa mangiare, quindi il cibo può essere acquistato per l’occasione.

Il cibo assunto durante le abbuffate varia da individuo a individuo ma può variare anche per una stessa persona. Ciò che caratterizza le abbuffate non è la qualità del cibo ma la quantità del cibo consumato. Generalmente gli alimenti che si scelgono per le abbuffate sono quei cibi che si evitano perché troppo calorici.

Le abbuffate avvengono in solitudine, quanto più segretamente possibile. L’abbuffata continua fino a quando l’individuo comincia a sentirsi sgradevolmente pieno e addirittura dolorante. Solitamente l’antecedente più comune di una crisi bulimica è un’emozione negativa. Altri fattori scatenanti possono riguardare: condizioni interpersonali stressanti, restrizione dietetica, sentimenti negativi riguardanti il peso e la forma del proprio corpo, noia. Le persone che ricorrono all’abbuffata nutrono un immediato sollievo dei fattori che l’hanno scatenata, ma l’autosvalutazione, il senso di colpa e di frustrazione sono conseguenze inevitabili che appaiono poco dopo.

Le condotte compensatorie: credenze e realtà

Con l’espressione “condotte compensatorie” si fa riferimento a tutti quei comportamenti messi in atto da una persona con lo scopo di liberarsi delle calorie ingerite. 

Nello specifico le condotte compensatorie sono digiuno, vomito autoindotto, uso di lassativi e diuretici o altri farmaci, eccessiva attività fisica.

Diete o digiuno

Molte persone che compiono abbuffate spesso si sottopongono a diete estreme. Una dieta rigida prolungata caratterizzata da episodi di abbuffata è lo schema tipico della bulimia nervosa. Tra gli individui con bulimia nervosa è comune l’errore di credere che il fatto di mettersi a dieta sia una semplice risposta alle abbuffate. In realtà il mettersi a dieta gioca un ruolo importante nel causare le abbuffate. Infatti è molto più probabile che le abbuffate si verifichino quando la persona è a dieta creando un circolo vizioso difficoltoso.

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Vi sono tre tipologie di diete. Le persone che si abbuffano, in particolare quelle con bulimia nervosa ricorrono a tutte e tre le tipologie:

- Ritardare i pasti. Le persone rimandano i pasti principali e a volte non mangiano praticamente nulla tra un’abbuffata e l’altra.

- Ridurre l’apporto complessivo di cibo. Questo implica il cercare di tenere l’introito complessivo di cibo sotto una certa soglia. Per molte persone con bulimia nervosa il limite è rappresentato dalle 1000 alle 2000 calorie, ben sotto il necessario per un normale funzionamento quotidiano. Alcune persone si impongono soglie caloriche molto più estreme.

- Evitare certi tipi di alimenti. Alcuni cibi vengono evitati perché ritenuti troppo calorici.

Tutti i tipi di dieta descritti hanno effetti fisici e psicologici sulle persone. Un importante effetto psicologico riguarda l’eccessiva preoccupazione dei pensieri riguardanti il cibo e l’alimentazione può sviluppare anche un senso di deprivazione.  Alcune persone che sono a dieta risultano così preoccupate dagli alimenti che stanno cercando di evitare, da non riuscire a pensare ad altro. Il pensiero al cibo diventa costante al punto che queste persone trovano difficile impegnarsi nelle proprie attività quotidiane.

Il vomito autoindotto

Durante una crisi bulimica una persona smette di mangiare quando comincia a stare male. In quel momento si fa forte il desiderio di liberarsi da tutto ciò che si ha mangiato; solitamente si mette due dita in gola e continua a vomitare fino a quando non si sente sufficientemente vuota. In questo modo si sente sollevata e ripulita anche se esausta. La credenza secondo cui il vomito sia un modo efficace per liberarsi dal cibo è sbagliata. In realtà il vomito permette di recuperare soltanto circa la metà delle calorie consumate. Oltre a non eliminare tutto ciò che mangiamo il vomito autoindotto frequente può causare dei grossi danni alla salute fisica producendo alterazioni dell’equilibrio elettrolitico e dei fluidi. Altri danni possono riguardare l’apparato orale ed all’esofago.

Abuso di lassativi e diuretici

L’uso di lassativi e diuretici per controllare il peso è meno comune rispetto all’uso del vomito autoindotto. Entrambi possono essere utilizzati isolatamente o in associazione al vomito autoindotto.

I lassativi possono essere utilizzati in due modi: il primo per compensare un episodio di abbuffata e in questo caso vengono assunti in grande quantità e funzionano come il vomito autoindotto. 

Nel secondo modo si assumono in quantità inferiore su base regolare, indipendentemente dalle abbuffate, il comportamento è più simile ad una dieta.

Anche i diuretici tendono ad essere assunti secondo questa modalità. In realtà i lassativi hanno un effetto assai limitato sull’assorbimento delle calorie perché la maggior parte del cibo viene assorbita dalla parte alta dell’intestino mentre i lassativi agiscono sulla parte bassa dello stesso. I diuretici non hanno nessun effetto sull’assorbimento delle calorie, il loro effetto è solo disidratante. Nonostante questo, molte persone considerano gratificante l’utilizzo di questi farmaci perché il loro peso cala (anche se solo temporaneamente a causa della perdita dei liquidi). Come per il vomito autoindotto, l’uso di lassativi e diuretici incoraggiano ulteriori episodi di abbuffata.

Esercizio fisico estremo

Alcune persone che fanno abbuffate possono praticare anche molta attività fisica, con l’obiettivo di modificare la propria forma corporea. Fare esercizio fisico per tenersi in forma ovviamente, non è un problema anzi, diventa oggetto di preoccupazione quando comincia ad avere la precedenza su altre attività importanti quali dormire, socializzare, mangiare, studiare, ecc.

Un fenomeno legato all’esercizio fisico è l’“andare in debito”. Questo avviene quando mangiare e fare esercizio fisico sono strettamente interconnessi, le persone si sentono costrette a bruciare le calorie ingerite (in particolare quelle delle abbuffate) prima di mangiare il pasto successivo.

Anche l’esercizio fisico eccessivo mantiene e incrementa questo disturbo.

Meccanismi alla base della bulimia nervosa

“La sicurezza in me stessa e quanto io valgo sono strettamente legati al pensiero che io debba essere fisicamente bella, cioè magra. Se mi capita di prendere del peso, anche un solo chilo, sento di non essere più attraente e vedo la mia vita cupa e difficoltosa perché subentra anche un senso si disperazione. Per questo mi sforzo di mangiare il meno possibile”

La maggior parte delle persone che ricorrono alle abbuffate danno una estrema importanza alla forma e al peso del proprio corpo. Queste preoccupazioni diventano addirittura invalidanti nella quotidianità delle persone con bulimia. Questa iper-preoccupazione per la forma e il peso corporeo è di estrema importanza nella comprensione della bulimia, ma anche negli altri tipi di disturbi alimentari. Ha un ruolo centrale rispetto alla loro persistenza, possiamo considerarla il “motore” che alimenta i disturbi alimentari. Per far fronte a questa forte paura le persone non possono fare altro che adottare diete restrittive rigide. Queste diete sono caratterizzate da una serie di regole precise che la persona si pone, e per essere rispettate in modo perfetto e rigido richiedono un impegno forte e costante. Tutte queste regole rappresentano il principale fattore nella comparsa delle abbuffate. Seguire una dieta in modo rigido porta inevitabilmente, con il tempo, a compiere delle piccole trasgressioni che vengono vissute da chi soffre di bulimia, come perdita di controllo innescando il pensiero dicotomico “tutto o niente” in cui vi sono solo due visioni opposte: “tengo tutto sotto controllo” o “ormai ho sgarrato tanto vale che mi abbuffi”.

Con il tempo chi è colpito da bulimia cerca un modo per compensare all’abbuffata perché ritiene insopportabile che tutte le calorie ingerite rimangano all’interno del proprio corpo e quindi ingrassare. Come abbiamo visto le persone con bulimia nervosa possono emettere uno o più comportamenti compensatori che sono stati sopra descritti. Tutti i metodi compensatori sono un fattore di mantenimento per la bulimia nervosa. La persona pensando di avere un metodo grazie al quale rimediare al danno fatto con l’abbuffata, si sentono legittimate ad abbuffarsi ancora, creando un circolo vizioso che si autoalimenta. Anche l’umore, i pensieri, gli eventi e le relazioni possono dare il via alle abbuffate. L’umore e il mangiare sono fortemente associati in ogni individuo, questo vale in misura maggiore per chi soffre di un disturbo alimentare. Le persone che si abbuffano riferiscono che l’abbuffata li aiuta ad affrontare stati d’animo e pensieri negativi, poiché è motivo di distrazione e ha effetto calmante.

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Conseguenze della bulimia nervosa

La qualità della vita delle persone che soffrono di bulimia nervosa è notevolmente compromessa. Oltre a tutte le conseguenze fisiche mediche caratterizzare dai metodi compensatori gli aspetti psicologici e sociali risultano quelli maggiormente compromessi dalla bulimia. 

Depressione, bassa autostima e vergogna sono i sintomi psicologici più frequenti. Le persone con bulimia vivono le abbuffate con forte senso di colpa, vergogna e frustrazione. Si sentono di non valere niente perché non capaci di tenere il controllo sul cibo.

Le persone che ricorrono alle abbuffate sembrano essere vulnerabili anche all’ansia sia come caratteristica di personalità, ma soprattutto quando si trovano in situazioni che riattivano le loro preoccupazioni. Infatti è comune che le persone con bulimia evitino situazioni sociali, in particolari quelle in cui devono mangiare in presenza di altre persone. Può succedere che associato alla vergogna di mangiare in pubblico, vi sia il disagio e l’insoddisfazione nell’esporre il proprio aspetto fisico. Questo potrebbe portare la persona a rinunciare di partecipare ad eventi e occasioni sociali favorendo l’isolamento e i sintomi depressivi.

Trattamento psicologico della bulimia nervosa

Nel caso della bulimia nervosa, come anche nel caso di anoressia nervosa, è possibile pensare a diversi tipi di trattamento a seconda delle risorse, della gravità psicologica e medica e del decorso del disturbo.

Bisognerà prevedere un intervento medico nella situazione in cui la bulimia nervosa sia affiancata da altre patologie fisiche come il diabete di II tipo, l’ipertensione arteriosa, l’ipopotassemia, ecc. 

Le ricerche oggi evidenziano che la terapia cognitiva e comportamentale effettuata a livello ambulatoriale rappresenti la miglior scelta terapeutica per la bulimia. Nello specifico Christopher Fairburn ha sviluppato la Terapia Cognitiva Comportamentale Potenziata (CBT-E), una specifica forma di psicoterapia a orientamento cognitivo e comportamentale focalizzata sulla psicopatologia del disturbo dell’alimentazione ed è caratterizzata da 4 fasi.

Preparazione

Prima dell'inizio del trattamento viene eseguita una valutazione della natura e della gravità dei problemi del paziente, detta assessment. I primi incontri sono importanti per creare una buona alleanza terapeutica. È importante che il paziente sia in grado di fare un uso ottimale del trattamento. Per questa ragione vanno indagati tutti i potenziali ostacoli che possono interferire con il trattamento. 

Fase uno

La Fase Uno è la più intensiva del trattamento. In questa fase il paziente viene motivato al trattamento e al cambiamento. Un altro obiettivo di questa fase è fare una buona psicoeducazione sul suo disturbo. Infine, vengono introdotte delle procedure chiave: la misurazione collaborativa settimanale del peso e l’alimentazione regolare con la registrazione di un diario alimentare. I cambiamenti compiuti nella Fase Uno sono considerati le fondamenta su cui gli altri cambiamenti sono costruiti.

Fase due

In questa fase continuano le procedure introdotte nella Fase Uno. Il terapeuta e il paziente conducono assieme la revisione dei progressi, l’identificazione dei problemi ancora da affrontare e la progettazione della Fase Tre. 

Fase tre

L’obiettivo di questa fase è affrontare i processi chiave che mantengono la bulimia. I meccanismi affrontati e l’ordine con cui sono affrontati dipende dal ruolo e dall’importanza che hanno nel mantenere il problema. Quasi sempre si inizia ad affrontare l’eccessiva valutazione del peso e della forma del proprio corpo. Successivamente vengono affrontati anche, la restrizione dietetica, e la gestione degli eventi e delle emozioni che influenzano l’alimentazione. 

Fase quattro

Questa fase focalizzata sul mantenimento dei progressi raggiunti e sulla prevenzione delle ricadute. 

Trattamento farmacologico per la bulimia nervosa

I farmaci che vengono utilizzati per il trattamento della bulimia nervosa sono gli antidepressivi appartenenti alla categoria degli inibitori per la ricaptazione della serotonina. Malgrado alcune ricerche abbiano dimostrato che questi farmaci non possiedano nessuna efficacia a lungo termine, sembra giochino un ruolo importante nella riduzione della frequenza delle abbuffate e dei metodi compensatori (del 50/60% in poche settimane). L’uso di questi farmaci aiuta la persona a sentirsi meno depressa e ad essere meno preoccupata rispetto al cibo.

Se sei entrato in questa pagina è possibile che tu ti sia resa/o conto di avere un problema con l’alimentazione. Nello specifico cerchi di mangiare pochissimo perché hai paura di ingrassare ma ti trovi inspiegabilmente ad abbuffarti? Ti vergogni per quello che fai e vorresti riuscire a controllarti ma non ci riesci? Ti senti a disagio a mangiare in pubblico o ad uscire? Se hai risposto sì a queste domande cerca di fermarti a riflettere e cerca di capire che non devi vergognarti di te perché purtroppo sei entrata/o in un vortice vizioso in cui molti entrano e da cui è molto difficile uscire. Come per tutti i disturbi alimentari, prima inizi a renderti conto di essere rimasto/a ingabbiata/o nelle eccessive preoccupazioni riguardanti l’aspetto fisico, più velocemente riuscirai a contrastare i difficili sintomi di questo disturbo. Per prima cosa metti da parte i tuoi sentimenti di vergogna e frustrazione perché peggiorano solo la situazione e cerca di capire la natura articolata di questo disturbo. È importante che tu ti renda conto delle modalità alimentari disfunzionali che hai acquisito mangiando in modo controllato e rigido, e della pericolosità del comportamento compensatorio che metti in atto sia a livello medico che a livello psicologico. Questi due tipi di comportamenti continuano ad incrementare e a perpetuare il tuo disturbo ponendosi come fattori di mantenimento. Se ti capita di mangiare due cioccolatini cerca di pensare che non hai sgarrato e che non hai perso il controllo, non mettere in atto l’errore di ragionamento “bianco o nero” che spesso dà il via alle abbuffate perché non si è stati capaci di controllarsi. Due cioccolatini sono due cioccolatini non significano “tanto ormai ho fallito”. Ogni tanto mangiare dei cioccolatini può farci bene. 

Imparare ad avere un rapporto normale, consapevole ed equilibrato con il cibo ti porterà ad avere una vita normale, libera dalle ossessioni, dal controllo, dalle preoccupazioni e anche dalle abbuffate.

Ricorda: non devi tenere tutto sotto controllo. Siamo essere umani e siamo caratterizzati da troppe variabili che sono fuori dal nostro controllo.

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Bibliografia

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  • Dalle Grave, R. (2001), Fattori cognitivo comportamentali nel mantenimento dei disturbi del comportamento alimentare, in Brunetta M., Froldi M. I meccanismi del mantenimento del sintomo nei disturbi del comportamento alimentare: Anoressia nervosa e bulimia nervosa. Pitagora Press.
  • Fairburn, C.G. (2018). La terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione. Erickson
  • Fairburn, C.G. (2014). Vincere le abbuffate. Come superare il disturbo da binge eating. Cortina Raffaello.
  •  Slade E., Keeney E., Mavranezouli I., Dias S. (2018). Treatments for bulimia nervosa: a network meta-analysis. Psychological Medicine 48 (16): 2629-2636

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