Dipendenza da slot machine

dipendenza da slot

La dipendenza da slot machine è una forma di gioco d’azzardo patologico (GAP) e in quanto tale rientra all’interno delle dipendenze comportamentali (new addiction). Secondo il Ministero della Salute in Italia i giocatori d’azzardo sarebbero il 54% della popolazione.

La stima dei giocatori problematici varierebbe dall’1,3% al 3,8% della popolazione generale, mentre la stima dei giocatori d’azzardo patologici varierebbe dallo 0,5% al 2,2% (Serpelloni & Rimondo, 2012).

In questo articolo proveremo a spiegare da dove nasce e come si manifesta il GAP, focalizzandoci in particolare sulla dipendenza dal gioco delle macchinette.

L'uomo e il gioco

L’essere umano è un Homo Ludens, ovvero mantiene per tutta la vita la capacità di giocare, in relazione al fatto che il gioco in sé ha caratteristiche fortemente attrattive. Esistono diverse tipologie di gioco: di competizione, di imitazione, giochi basati sul senso di vertigine (pensiamo ad esempio ai luna park) e giochi che si basano e si affidano all’alea, più comunemente chiamato caso.

Il gioco d’azzardo patologico fa parte di quest’ultima categoria, in quanto nel gioco d’azzardo si punta a scommettere una somma sull’esito di un gioco che può implicare dimostrazione di abilità o basarsi sul caso. Pensiamo al gioco delle macchinette: la persona punta una somma di denaro e prova a “battere il caso”. Ma è davvero possibile vincere contro il caso? 

La risposta è NO. Il nostro cervello spesso prova ad interpretare gli eventi sulla base delle informazioni disponibili sul momento. Ciò fa sì che non sempre la realtà venga interpretata correttamente, ma più che altro viene interpretata soggettivamente, portandoci a compiere errori di valutazione o a mancare di oggettività nel giudizio. Questi errori prendono il nome di bias cognitivi, e sono molteplici. 

Il primo bias che il giocatore mette in atto è proprio la confusione tra abilità e casualità, e si convince di poter controllare gli eventi e dunque “battere il caso”. Oltre all’illusione di controllo, l’individuo che soffre di gioco d’azzardo patologico può erroneamente: 

  • identificare dei nessi causali, dei collegamenti, legati al comportamento del gioco, illudendosi ad esempio di aver “capito il meccanismo di gioco”, o che “la vincita sia dovuta”
     
  • attribuire vincita o perdita a elementi quali la memoria, o che esse possano dipendere dalle proprie scelte o da determinati rituali. 

Le tipologie di giocatore

Nell’introduzione di questo articolo abbiamo nominato il giocatore problematico e il giocatore patologico; quali sono le differenze? 

Anzitutto dobbiamo identificare tre differenti tipologie di giocatore, che differiscono tra loro sia per frequenza del gioco che per intensità dei sintomi (Serpelloni, 2013): 

  1. giocatore ricreativo: è un giocatore saltuario, che mantiene un buon livello di socialità e che spende una quantità di denaro contenuta per giocare

  2. giocatore problematico: è un giocatore periodico, che spende una quantità superiore di denaro rispetto al “ricreativo” e che mette a rischio la propria salute psicologica e fisica, nonché quella dei suoi familiari

  3. giocatore patologico: gioca quotidianamente, spende un quantitativo elevato di denaro, di frequente superiore alle proprie possibilità (molto spesso pertanto si indebita). Questa tipologia di giocatore ha inoltre tutti i sintomi dell'assuefazione, che vanno dal craving (con veri e propri sintomi fisici in caso di impossibilità di giocare), astinenza e tolleranza (il bisogno di giocare è sempre maggiore di volta in volta). Un fattore fortemente predittivo del gioco d’azzardo patologico è inoltre la partecipazione a più forme di gioco (slot machine, “gratta e vinci”, casinò, ecc.).

Il disturbo da gioco d'azzardo è dunque un vero e proprio disturbo, classificato all’interno del DSM-5 e rientrante tra le dipendenze di natura comportamentale. Il DSM-5 identifica inoltre tre livelli di gravità del disturbo (lieve, moderato e grave) in base al numero di criteri soddisfatti. 

Le persone che soffrono di dipendenza da slot machine sono anche più a rischio di depressione, disturbo da uso di sostanze, disturbi d'ansia e disturbi di personalità.

La dipendenza da slot machine

Il gioco d’azzardo patologico è più comune nei maschi (circa il 67%), rispetto alle femmine (33% circa). Nello specifico però la femmina è più comune nella dipendenza da macchinette di quanto lo sia il maschio, che predilige altre forme di gioco patologico, come le carte, le corse dei cavalli, ecc. 

La dipendenza dalle macchinette, come ogni gioco d’azzardo patologico, dipende da una serie di fattori, di natura neurobiologica, sociale, psicologica, cognitiva e comportamentale. 

Tra gli elementi che portano al crearsi della dipendenza è doveroso concentrarsi da un lato sui bias cognitivi di cui abbiamo già parlato, dall’altro lato sui fattori comportamentali, quali: 

  • il rinforzo positivo: tra i più comuni troviamo la vincita di denaro (anche se saltuaria), tutti gli stimoli ambientali presenti all’interno delle sale slot e dei bar e la sensazione positiva che deriva dal giocare e dal vincere

  • il rinforzo negativo: giocare aumenta le sensazioni positive e contestualmente diminuisce le emozioni negative che subentrano quando non si gioca

  • il rinforzo intermittente a rapporto variabile: il giocatore sa che prima o poi la vincita verrà erogata dalle macchinette, ma non sa quando. Ogni volta che la persona vince, si riattivano una serie di meccanismi che fanno sì che il ciclo ricominci

Natasha Dow Schüll e la dipendenza da slot machine

Natasha Dow Schüll è un’antropologa statunitense e Professoressa Associata alla New York University. Inizia a studiare il gioco d’azzardo patologico nel 1993, durante la stesura della sua tesi di laurea a Berkeley. Nel 2012 pubblica un libro, “Addiction by design: Machine Gambling in Las Vegas”, tradotto poi in italiano con il titolo “Architetture dell’azzardo: progettare il gioco e costruire la dipendenza” (Dow Schüll, 2015). 

Nel suo libro Dow Schüll entra nelle vite dei giocatori di slot machine, giocatori che praticano in solitudine, a differenza ad esempio dei giocatori di poker. Ella, in linea con quanto abbiamo precedentemente detto, afferma che “per i giocatori, la questione non è vincere o perdere, ma quanto a lungo potranno giocare”. Secondo la Professoressa, nel caso specifico delle macchinette, ciò che guida il giocatore non è tanto il desiderio di fare soldi, quanto l’isolamento.

Nel suo libro racconta inoltre come l’industria del gioco d’azzardo abbia messo in campo tecnologie sempre più sofisticate al fine di creare macchinette ancor più coinvolgenti per il giocatore. In linea con i meccanismi di rinforzo descritti prima, Dow Schüll racconta di come le slot erogano piccole vincite, mai grosse somme, così da mantenere un flusso di gioco continuo, che si interrompe e ricomincia ogni volta che viene erogato denaro. Una grossa somma non stimolerebbe a riprendere il gioco così come una piccola somma di denaro:

è il flusso dell’esperienza di gioco quello che le persone ricercano. Il denaro è un mezzo per stare seduti più a lungo a giocare, non il fine del gioco. Le persone non vogliono vincere il jackpot e andare via. Le persone vogliono vincere il jackpot e rimanere seduti fino a quando non se lo sono giocato tutto”. 

Come combattere la dipendenza da macchinette

Essendo la dipendenza dal gioco un vero e proprio disturbo, è importante non sottovalutarlo e rivolgersi a dei professionisti in grado di fornire strumenti utili. Esistono dei metodi efficaci per la cura del gioco d'azzardo patologico.

La richiesta di aiuto è spesso bassa e soprattutto tardiva: nelle donne la richiesta giunge di solito dai 6 mesi ai 3 anni dopo che si è iniziato a giocare d’azzardo, mentre nei maschi addirittura dopo 8-9 anni. Questo accade perché il giocatore patologico difficilmente si rende conto di avere un problema, e spesso si rivolge ad un professionista per risolvere i suoi problemi economici, non tanto quelli psicologici.

La terapia consigliata è la psicoterapia, frequentemente supportata da un intervento psicofarmacologico. 

Nel caso specifico della terapia cognitiva e comportamentale si può optare per diverse tipologie di aiuto, in base alle esigenze: 

  • individuale
  • di gruppo
  • familiare (in questo caso è necessario un intervento psicoeducativo per tutti i membri della famiglia)
  • auto mutuo aiuto: ogni membro del gruppo aiuta gli altri, e di conseguenza aiuta anche sé stesso 

In primo luogo lo psicoterapeuta effettuerà una fase di valutazione, o assessment, che varia da persona a persona. In base alla valutazione iniziale stabilirà come sviluppare la terapia. 

Essendo difficile per il giocatore riconoscere il problema, si lavorerà anzitutto sulla motivazione, che dovrà essere interna al paziente perché l’intervento funzioni. 

Indubbio è inoltre il ruolo del contesto, il quale nelle dipendenze è fortemente attivante; passare ogni giorno davanti alla sala slot mentre si è di ritorno dal lavoro, certo non aiuta a far passare il desiderio di giocare. Il contesto è pertanto un elemento chiave su cui lavorare insieme al terapeuta. Inoltre, in linea generale, il terapeuta aiuterà il paziente a: 

  • riconoscere i bias cognitivi e a modificare il contenuto del proprio pensiero
  • valutare costi e benefici del “giocare” e del “non giocare”
  • trovare attività alternative al gioco
  • fare un uso responsabile del denaro
  • prevenire e gestire le ricadute

Approfondimento: Psicoterapia

Cerchi aiuto per te o un tuo caro?

Bibliografia

  • Dow Schüll, N. (2015). Architetture dell’azzardo. Progettare il gioco, costruire la dipendenza. Luca Sossella Editore.
  • Serpelloni, G. & Rimondo, C. (2012). Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisiopatologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione. Italian Journal on Addiction, 2, 7-44.
  • Serpelloni, G. (2013). Gioco d’azzardo problematico e patologico: inquadramento generale, meccanismi fisiopatologici, vulnerabilità, evidenze scientifiche per la prevenzione, cura e riabilitazione. Dipartimento Politiche Antidroga.

Informazioni sull'autore

>