Recensione: ‘Mindfulness per principianti’ di Jon Kabat-Zinn

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‘Mindfulness per principianti’ è un breve volume diviso in cinque parti che cercano di guidare il lettore in un approccio alla mindfulness partendo da un piano teorico fino ad arrivare al cuore pratico delle meditazioni.

L’autore accompagna chi legge con letture brevi e semplici, solitamente di una o due pagine. Nonostante manchi una sistematizzazione nella presentazione degli argomenti riesce a coprire molti punti importanti con leggerezza, facendo ampio uso di metafore e aneddoti che ricalcano maggiormente la tradizione buddista piuttosto che quella della psicologia.

La lettura risulta scorrevole e adatta soprattutto a un pubblico generale. Lo stile narrativo, quasi epistolare, rende la lettura semplice e veloce, a scapito però di un’esposizione frammentata che non risulta in grado di presentare un quadro teorico e pratico strutturato che segua un filo logico. I riferimenti filosofici possono incontrare tanto il plauso del lettore con un’inclinazione verso la spiritualità o la speculazione filosofica, quanto l’irritazione di chi per sua indole sia più scettico o affezionato al positivismo.

Il volume si chiude con la presentazione di cinque esercizi di mindfulness corredati da un link al sito dell’editore dove trovare le relative guide audio. Nella pratica della mindfulness, infatti, si fa grande uso di registrazioni come ausilio agli esercizi.

L’intento di avvicinare il profano alla mindfulness è nobile. La psicologia però entra in queste pagine come comparsa, senza farsi notare. Appare quindi difficoltoso un parallelo con la letteratura scientifica, in quanto la bibliografia in calce al libro fa eco all’antico oriente piuttosto che all’occidente contemporaneo. Le citazioni di studi di efficacia e di neuroscienze sono rare e vengono portate come prove tangibili atte a perorare la veridicità della filosofia orientale. Sostenere un razionale alla luce dell’efficacia clinica del suo metodo è la fallacia logica che ha portato, prima Mesmer e poi l’Europa, a sostenere la teoria dietro al magnetismo animale.

L’editore presenta il libro come ‘La Bibbia della mindfulness scritta dal suo fondatore’. Il fondatore/autore è Jon Kabat-Zinn, il biologo che ha sviluppato il protocollo di Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR) negli anno ‘80. Kabat-Zinn ha condotto egli stesso diverse ricerche - nell’ambito degli studi di efficacia - perlopiù su pazienti con patologie organiche croniche. Tolta la scienza medica, Kabat-Zinn è sempre stato più vicino al mondo della meditazione vipassanā che a quello della psicologia. Difatti non si avventura a discutere né di psicopatologia né di psicoterapia, ma parla solitamente di stati di consapevolezza, benessere, qualità della vita e dolore cronico. Storicamente si rivolge a quelle persone per le quali la scienza ufficiale ha gettato la spugna, in quanto affette da patologie croniche incurabili e, dopo di questi, ha iniziato a rivolgersi alla popolazione generale. Per Kabat-Zinn il mezzo d’elezione per sviluppare un’attitudine alla consapevolezza è la meditazione, qui legata a doppio filo con la filosofia buddista che è allo stesso tempo tanto una guida pratica quanto un razionale teorico. Ci sono delle posizioni epistemologiche di fondo inconciliabili tra il paradigma cognitivo e la filosofia buddista, che pongono la mindfulness – nell’accezione di Kabat-Zinn e seguaci - difficilmente conciliabile con il dominio della psicoterapia cognitiva e comportamentale.

Un eventuale giudizio da dare su questo libro è strettamente connesso al punto di vista. Un punto di vista è quello della psicoterapia cognitiva e comportamentale. Se ci si approccia con l’esigenza del rigore sperimentale e alla luce dell’evoluzione della teoria e pratica della mindfulness – per mano del gruppo inglese di Williams, che ha sviluppato il protocollo MBCT e delle altre terapia di terza generazione che la includono come strumento nel loro modus operandi, inquadrandola però all’interno di una cornice teorica sperimentale ben definita – è difficile dare un giudizio positivo al volume. Se ci si approccia come a un semplice libro che racconta le riflessioni di un appassionato di pratiche meditative su una saggezza tramandata da millenni, scritto dopo anni di ricerca sull’efficacia e al fine di incoraggiare una pratica come altre per prendersi cura del proprio benessere, appare un libro interessante. Un libro che per un profano curioso risulta pieno di spunti di riflessioni, anche perché sa anticipare quelli che saranno i dubbi e le difficoltà di chi inizia a praticare. In molti gruppi di mindfulness vengono date letture simili a quelle che si trovano nel libro e penso infatti che questo testo possa accompagnare egregiamente la pratica della mindfulness, soprattutto nel paziente che sia portato a preferire un razionale spirituale piuttosto che sperimentale. Dopotutto, sono in molti a trovare maggiore fascino nelle metafore che nelle metanalisi – anche tra i nostri ranghi.

Avevamo bisogno di un altro libro sulla mindfulness? Ai posteri l’ardua sentenza.

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