Prima del lockdown di questi ultimi mesi, quante volte siamo usciti di casa per andare a lavorare o a fare la spesa senza darci particolare importanza? Quante volte al giorno uscivamo per fare una commissione o una passeggiata? Eravamo in costante movimento che ci portava dentro e fuori casa e non immaginavamo che un’azione così semplice potesse diventare complessa. Eppure questo atto sta diventando un problema per molte persone e già lo era per moltissime altre (ad esempio per chi si trova nella sempre più diffusa condizione di hikikomori).
Come viene definita la paura di uscire di casa?
Se, quando siete in procinto di uscire di casa, sentite una strana paura che vi paralizza e vi fa venire voglia di rinunciare ad avventurarvi all’esterno, esiste la possibilità che stiate sviluppando una particolare fobia.
Quando la paura di uscire di casa è particolarmente intensa e si presenta con una frequenza tale da ostacolare la quotidianità della persona che ne soffre, prende il nome di agorafobia.
Chi ne soffre evita i posti e le situazioni in cui potrebbe provare forte ansia o panico, sentirsi in trappola oppure provare imbarazzo; generalmente finisce per evitare tutte le situazioni in cui dovrebbe stare a stretto contatto con altre persone (treni, aerei, cinema, teatri, supermercati, ascensori, ecc) ed in cui avrebbe poche probabilità di ricevere soccorso nel caso si sentisse male (ad esempio viaggiando in macchina da sola). Le azioni a disposizione e i luoghi frequentabili si riducono sempre di più, fino a far diventare la propria abitazione l’unico posto “sicuro” in cui rimanere.
Quali sono i sintomi?
Quando una persona con agorafobia si trova in una delle situazioni sopra descritte, o semplicemente sa o immagina di dover uscire di casa, può provare una serie di sensazioni fisiche e mentali:
- aumento della frequenza cardiaca (tachicardia)
- mancanza d’aria e fiato corto
- vampate di calore
- sudorazione eccessiva
- tremori e formicolii
- dolori e disturbi addominali
- paura di perdere il controllo o impazzire
Chi è a rischio di sviluppare questa fobia?
Secondo il DSM-5 (APA, 2013), chiunque, anche un bambino, può sviluppare agorafobia, anche se quest’ultimo tende ad insorgere nella tarda adolescenza e all’inizio dell’età adulta, solitamente prima dei 35 anni d’età (in 2/3 dei casi registrati). Ogni anno, circa l’1,7% della popolazione in questa fascia d’età riceve una diagnosi di agorafobia; le femmine hanno il doppio di possibilità rispetto ai maschi di soffrire di questa specifica fobia. La probabilità di ereditarla da un parente stretto che ne soffre o ne ha sofferto è del 61%.
Molte persone sviluppano questa problematica dopo aver avuto uno o più attacchi di panico (associazione dei due disturbi nel 30-50% dei casi): il timore di avere un altro attacco le spinge ad evitare i luoghi in cui sono state male, limitando progressivamente il loro raggio d’azione. Inoltre, un evento traumatico vissuto in età infantile (incidente, morte improvvisa di una persona cara, catastrofe ambientale, ecc) accresce le probabilità di sviluppare l'agorafobia.
Le cause che mantengono queste paure
La situazione attuale ha favorito la diffusione del principale fattore di rischio per lo sviluppo di questo disturbo: la persona, per un motivo o per un altro (infortunio, maternità, cause di forza maggiore, ecc), inizia a trascorrere molto tempo in casa. Quest’ultima diventa progressivamente un luogo accogliente, che dà sicurezza e che permette alla persona di non esporsi a troppi pericoli. Le giornate iniziano a succedersi con una routine che si rafforza progressivamente, le azioni sono limitate, i tempi indefiniti, le emozioni appiattite. L’energia diminuisce, la passività e l’apatia aumentano: nonostante il tempo a disposizione, la persona non ha la forza e la motivazione di intraprendere compiti impegnativi, anche se aumenterebbero il benessere personale. Dopo alcune settimane, la persona non si sente più stimolata ad interagire con l’esterno, che viene anzi vissuto sempre più con diffidenza e timore: riemergono così paure infantili o ne sorgono di nuove.
Inizia ad instaurarsi un circolo vizioso che limita sempre più l’autonomia della persona: le paure legate al dover uscire di casa (stare male, avere degli imprevisti, ecc) innescano delle reazioni fisiologiche (tachicardia, spasmi, difficoltà a respirare) che possono essere interpretate come sintomi preoccupanti e portare ad un vero e proprio episodio di panico.
La “paura della paura”, definita come ansia anticipatoria, porta la persona ad immaginare scenari catastrofici, in cui le probabilità degli eventi sono falsate da distorsioni cognitive tipiche dell’ansia. Ne consegue una rinuncia, un evitamento del compito che rende impossibile verificare la reale pericolosità ed impatto della circostanza temuta.3 consigli per vincere la paura di uscire di casa
In questo momento storico, molte paure sono giustificabili e del tutto normali; è importante tuttavia non farsi travolgere e non rinunciare alla propria quotidianità, perdendo importanti abitudini salutari.
Per ridurre l’impatto delle paure correlate all’idea di uscire di casa, potrebbe essere utile:
1. imparare una tecnica di rilassamento: attraverso la respirazione diaframmatica o tecniche più complesse, quali il rilassamento muscolare progressivo e la mindfulness, è possibile imparare a gestire i momenti di forte ansia e attenuare le spiacevoli sensazioni fisiche correlate;
2. esporsi gradualmente alle situazioni temute: per rompere il circolo vizioso che mantiene l’agorafobia, è fondamentale affrontare i luoghi e le circostanze che sono fonte di paura, un passo alla volta, con l’aiuto di una persona cara o di un professionista, in modo da imparare progressivamente a gestire l’ansia provata in quei momenti;
3. rivalutare la probabilità e l’impatto degli eventi temuti: considerare gli eventi da una prospettiva più realistica, distinguendo possibilità da probabilità, può ridurre la tendenza a catastrofizzare, che, di fatto, determina e mantiene la sintomatologia ansiosa
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Bibliografia
- American Psychiatric Association (2013). DSM-5. Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Washington, DC: APA