Una formazione Ai vertici del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi e di altre importanti istituzioni nazionali circolano dati sconfortanti sulla professione di psicologo. Vi sono in particolare quattro dati, che meritano riflessione.
- Vi sono ormai 111.000 psicologi. Ogni decennio raddoppia il numero degli iscritti all’Ordine: 23 mila nel 1994, 48 mila del 2004, 92 mila del 2014, ad oggi sono 111.000. Grazie a tale crescita esponenziale in Italia siamo già ad uno ogni 550 abitanti! Il dato medio nei paesi europei è di uno psicologo ogni 800/1000 abitanti (Mutual evaluation of regulated professions. Overview of the regulatory framework in the health services sector – psychologists and related professions, EU Commission, 2015).
- Gli psicologi rappresentano la categoria professionale a più basso reddito medio tra tutte quelle iscritte ad un ordine. Ciò nonostante che oltre il 50% degli iscritti abbia una formazione decennale, giacché dopo la laurea ha condotto anche una specializzazione quadriennale. (Rapporto 2018 sulle libere professioni in Italia, http://www.Confprofessioni.eu)
- Il ricambio generazionale è assolutamente insufficiente. Attualmente il numero di uscite previste dal mercato del lavoro è di circa 1000 psicologi per anno, a fronte di 6500 laureati magistrali per anno.
- In base a dati ISTAT 2017, ben il 45% dei laureati in psicologia non risultava esercitare la professione. Alcuni sono assunti come operatori della riabilitazione, altri hanno riciclato il diploma di scuola media superiore come ragionieri, geometri o altro. Se si calcola un costo di 80 mila euro complessivi (tra famiglie e Stato) per un laureato quinquennale, gli oltre 45 mila psicologi che non esercitano la professione sono costati 3,6 miliardi di euro e tale situazione comporta un costo “improduttivo” calcolabile in 150 milioni di euro all’anno, destinato a crescere. Vi è quindi un investimento, anche economico, da parte di migliaia di giovani e famiglie, oltre che della collettività, che non mette lo psicologo abilitato e iscritto all’ordine nelle condizioni minimali di esercizio e pratica professionale continuativa e dignitosa.
- Sono quattro segnali evidenti di sofferenza rispetto al mercato del lavoro, segnali che non sorprendono e confermano situazioni note. Ciò non può non mettere all’ordine del giorno una limitazione degli accessi alla professione. A tal fine servono strategie che incidano a molti livelli. La maggio parte di tali livelli sono lunghi e complessi e implicano modifiche di leggi nazionali, regolamenti universitari, consuetudini e aspettative.
- Non è invece né lungo né complicato incidere sull’ultimo livello, quello dell’esame di stato che abilita all’iscrizione all’ordine e all’esercizio della professione. Nel tempo altre professioni hanno proficuamente utilizzato questa strettoia, limitando nei fatti i nuovi ingressi nella professione a poco più del ricambio generazionale. Dei cinque Commissari per l’esame di stato, tre li esprime l’Ordine professionale.
- Segnaliamo ai Consiglieri dei vari Ordini regionali che abbiamo eletto (e presto rinnoveremo) la necessità di condotte più attente nella designazione dei propri rappresentanti negli esami di stato. Dipende in buona parte dagli Ordini far sì che il numero dei futuri abilitati diventi un numero meno sproporzionato rispetto a quanti possono trovare dignitosa occupazione nel mondo del lavoro.
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Buongiorno,
ringrazio per l’articolo, estremamente interessate. Resto tuttavia molto perplesso per le conclusioni ed i suggerimenti proposti. Trovo infatti assurdo chiudere la porta ad un/una giovane alla fine di un percorso di studi e non all’inizio. Vengono peraltro meno tutti i ragionamenti prima esposti circa il costo di sistema.
Cordiali saluti
MMV
esatto
Concordo, stavo per scrivere le stesse cose dette da Mario Marcello Verona