La sindrome di Kanner

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Oggi l’autismo è riconosciuto sotto l’etichetta diagnostica “Disturbi dello Spettro Autistico”; definito così per la prima volta all’interno della quinta edizione del Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM 5) pubblicato nel 2013, questa stessa definizione è stata colta dall'undicesima edizione della Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11) pubblicata nel 2018.

Definire l’autismo come uno spettro ha lo scopo di rendere evidente che questo disturbo non si manifesta in maniera univoca e uguale in tutti i bambini e adulti ma piuttosto sia caratterizzato da un insieme di condizioni che passano da manifestazioni più lievi a forme molto gravi tutte accomunate da una serie di caratteristiche peculiari: deficit nella comunicazione e nell’interazione sociale e comportamenti, interessi e attività ristretti e ripetitivi.

Ad oggi, ciò che la ricerca scientifica e clinica ci permette di dire rispetto all’autismo è che questo sia un disturbo del neurosviluppo che si presenta nell’infanzia con differenti livelli di gravità e le cui cause sono ancora ad oggi sconosciute. Ciò che sappiamo dalla ricerca scientifica è che nei disturbi dello spettro autistico entrano in gioco cause neurobiologiche, costituzionali e psicoambientali acquisite.

Nel corso della storia si sono susseguite diverse visioni di ciò che noi oggi riconosciamo come autismo e di conseguenza sono mutati nel corso del tempo i criteri diagnostici e le ipotesi eziologiche.

Inizialmente l’autismo era considerato una forma di schizofrenia o psicosi infantile causato da una genitorialità fredda; è in questo periodo, soprattutto all’interno della corrente psicanalitica, che nasce il concetto di “mamma frigorifero”, oggi ormai smentito e superato dalla ricerca scientifica.

Successivamente è stato definito come una serie di disturbi dello sviluppo e infine, negli ultimi anni, come una condizione con gradi di compromissione ad ampio spettro.

Con “Sindrome di Kanner” si fa riferimento alla descrizione delle manifestazioni dell’autismo infantile delineata da Leo Kanner uno psichiatra austriaco naturalizzato statunitense all’inizio degli anni ‘40.

Nel 1943, Kanner utilizzò il termine “autismo infantile precoce” per descrivere un complesso di sintomi, ovvero una sindrome, presenti in un gruppo di 11 bambini, di età tra i due e i dieci anni, il cui comportamento era qualitativamente lontano dalla normalità, molto peculiare, ma con caratteristiche simili all’interno del gruppo.

Dalle descrizioni di Kanner, che si possono trovare insieme alle sue teorie sull'autismo nel suo articolo intitolato "Disturbi autistici del contatto affettivo”; questi bambini sembravano manifestare, sin dall’inizio della loro vita, un’intensa chiusura relazionale, sembravano incapaci di mettersi in contatto con gli altri e con le situazioni secondo il modo consueto, mostravano disinteresse o apparente mancanza di consapevolezza dell’esistenza delle altre persone presenti.

Non mostravano capacità di gioco immaginativo o simbolico e sembravano avere la necessità, il desiderio quasi ansioso e ossessivo di mantenere del tutto inalterate le caratteristiche dell’ambiente e le proprie routine.

Tutti i bambini manifestavano una generalizzata incapacità di comunicare, tre bambini non avevano acquisito la comunicazione verbale e nei rimanenti le tappe dello sviluppo del linguaggio erano anomale; erano presenti poi turbe gravi e particolari del linguaggio come ad esempio ecolalia immediata e differita ed inversione pronominale, ovvero utilizzavano il “tu” al posto di “io” e viceversa.

L’ecolalia, che consiste nella ripetizione, diretta o a distanza di tempo, di frasi udite da altri pronunciate al di fuori di un contesto che dia loro significato e senza intento comunicativo, si presentava in questi bambini attraverso la ripetizione meccanica di parole o frasi di filastrocche, versetti biblici, liste di animali e così via, senza apparente comprensione del significato.

Nonostante poi alcuni bambini acquisissero la capacità di parlare, traguardo che non tutti riuscivano a raggiungere, questa non era utilizzata in modo comunicativo: tendevano a non rispondere alle domande, a non porne agli altri e a non raccontare di sé o delle proprie esperienze.

Questi bambini mostravano poi stranezze nelle preferenze alimentari, difficoltà ad acquisire il concetto delle parole “si” e “no” e alcuni manifestavano una forte paura per oggetti mobili o per rumori meccanici.

Kanner osservò anche l’aspetto fisico che gli pareva del tutto normale e descrisse lo sguardo come assorto e che dava però l’impressione di una regolare intelligenza.

Nella casistica di Kanner questi bambini sembravano avere uno sviluppo non solo rallentato ma del tutto particolare pur dando l’impressione di una normale intelligenza.

Kanner osservò poi le famiglie di questi bambini e notò che si trattava di famiglie della media e alta borghesia, con una madre acculturata e spesso "in carriera" e ritenne, inizialmente, che nascere e crescere in un contesto famigliare di questo tipo potesse essere un fattore eziologico se non la causa dell’autismo; sottovalutando il fatto che soltanto persone afferenti a classi socioeconomiche più alte potevano riferirsi a lui, poiché avevano avuto notizia delle sue ricerche e perché avevano i mezzi per pagare le relative spese sanitarie.

Successivamente lo stesso Kanner si accorse che l'autismo era diffuso in maniera eguale anche nelle classi più povere e circa alla fine degli anni ‘60 riconobbe i limiti della sua ipotesi esplicativa, riducendo così lo stigma che si era creato in merito all'eccessiva responsabilizzazione dei genitori e in particolar modo della madre in ordine all'insorgenza del disturbo.

Kanner non tentò mai di dare una spiegazione biologica all’autismo nonostante lo ritenesse un disturbo innato del contatto affettivo.

Kanner considerava l'autismo come un profondo disturbo emotivo che non influiva sulla cognizione. In sintesi, nella visione di Kanner, la caratteristica essenziale dell’autismo era l’incapacità di relazionarsi del bambino.

Le manifestazioni e le caratteristiche del disturbo individuate da Kanner sono molto simili a quelle che ancora oggi vanno a descrivere i sintomi dei disturbi dello spettro autistico: incapacità a relazionarsi e a interagire adeguatamente, forte resistenza al cambiamento delle routine e dell’ambiente, deficit e atipie del linguaggio (deficit di acquisizione, ecolalia, mutismo occasionale, inversione dei pronomi), gioco ripetitivo e stereotipato, eccellente memoria meccanica, reazioni emotive eccessive.

Se ancora oggi si è concordi con la descrizione delle caratteristiche dell’autismo di Kanner, tanto che le caratteristiche da lui individuate permangono nella descrizione del disturbo nei manuali di classificazione odierni, questo non si può dire per quanto riguarda le ipotesi eziologiche da lui proposte, ormai desuete e superate dalla ricerca scientifica.

Il lavoro di Kanner è però stato fondamentale per porre un passaggio dallo studio dell’autismo come manifestazione precoce di una psicosi o schizofrenia tipiche dell’età adulta ad un disturbo ad insorgenza infantile e del tutto peculiare.

Approfondimento: Metodo ABA

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Bibliografia

  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders - fifth edition (DSM-5). Washington DC: APA.
  • Kanner, L. (1943). Autistic disturbances of affective contact. Nervous child, 2(3), 217-250.
  • Volkmar, F. R., & Mc Partland, J. C. (2014). La diagnosi di autismo da Kanner al DSM-5. Trento: Edizioni Centro Studi Erickson. World Health Organization (2018). The ICD-11 classification of mental and behavioural disorders: clinical descriptions and diagnostic guidelines. Ginevra: WHO

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